Ciclo
il tempo di Louise Farrenc

Dedicato alla compositrice Louise Farrenc (1804-1875), questo ciclo rende omaggio a quella generazione di artisti, nata ai tempi dell’Impero napoleonico, che ha tenuto a battesimo il romanticismo musicale in Francia.
«Madame Farrenc, non contenta di scrivere
con rara purezza un gran numero di svariate arie,
rondò e studi, volle conoscere a fondo tutti i segreti,
tutti i procedimenti dell’orchestrazione.
La sua energia non si arrestò davanti alla composizione
di opere di alto stile: trii, quartetti, quintetti,
nonetti, ouverture e sinfonie.»

Antoine-François Marmontel, «Le Ménestrel», 1877.

Louise Farrenc (1804-1875)
Scomparsa 150 anni fa, Louise Farrenc è una figura di musicista unica nel suo genere. Proveniente per parte materna da una famiglia di pittori, riuscì a conquistarsi un posto in ambiti allora riservati agli uomini, come la composizione di opere sinfoniche. Il sostegno del marito, il flautista ed editore Aristide Farrenc, fu probabilmente determinante per la sua carriera creativa, ma la sua fama è dovuta esclusivamente ai suoi talenti di pianista virtuosa e poi di compositrice. Ci ha lasciato un catalogo che comprende opere per pianoforte, musica da camera (per cui l’Institut de France le assegna due Prix Chartier), ma soprattutto due ouverture e tre sinfonie, composte tra il 1834 e il 1847. Profondamente influenzata da Beethoven, contribuì al rinnovamento musicale parigino.

I figli del secolo
«Durante le guerre dell’Impero, mentre i mariti e i fratelli erano in Germania, le madri inquiete avevano messo al mondo una generazione ardente, pallida, nervosa». Così, all’inizio del secondo capitolo della Confessione di un figlio del secolo, Alfred de Musset considera nel suo insieme il gruppo di bambini nati a cavallo del XIX secolo e giunti alla maturità intorno al 1830. In campo artistico, citiamo Victor Hugo e Alexandre Dumas (nati nel 1802), Hector Berlioz e Adolphe Adam (1803), George Sand e Louise Farrenc (1804), Louise Bertin (1805), Henri Reber (1807), Gérard de Nerval e Maria Malibran (1808), nonché Alfred de Musset, Félicien David e Frédéric Chopin (1810). Cresciuti nella venerazione dell’Imperatore – «All’epoca, un solo uomo era vivo in Europa; gli altri cercavano solo di riempirsi i polmoni dell’aria che egli aveva respirato», scrive ancora Musset – costoro hanno vissuto la sua caduta e sono cresciuti in un susseguirsi di cambi di regime e di rivoluzioni. Lo sconvolgimento di valori che ne deriva dà origine a una forma particolare di malinconia, in cui si radica il movimento romantico.

Parigi, capitale artistica
Alla fine degli anni Venti dell’Ottocento, grazie all’impulso di una politica artistica ambiziosa, l’attività musicale a Parigi conosce un’evoluzione fulminante. Il numero di concerti organizzati ogni anno cresce in modo esponenziale, il settore della costruzione strumentale – in particolare del pianoforte – è fiorente, così come quello dell’editoria musicale. Nascono anche le prime riviste musicali specializzate. La capitale francese deve la sua fama, in parte, al fatto di aver saputo attirare il compositore del momento: Gioachino Rossini, le cui opere fanno battere i cuori parigini negli anni Venti e che nel 1829 firma Guillaume Tell, opera fondamentale del repertorio in lingua francese. Nella sua scia, Hérold, Auber, Halévy e Meyerbeer fondano il genere del grand opéra, rinnovano quello dell’opéra-comique e consolidano la centralità di Parigi sulla mappa artistica europea. La città si distingue anche per la qualità del suo insegnamento: il Conservatorio è allora la più grande scuola di musica d’Europa, e i virtuosi da tutto il continente aspirano a perfezionarvisi. Louise Farrenc insegna pianoforte in questa prestigiosa istituzione dal 1842 al 1872.

Il virtuosismo pianistico
Ispirati dal modello violinistico di Paganini, i compositori romantici fanno del pianoforte lo strumento virtuosistico per eccellenza. La tecnica pianistica, stimolata dai progressi della costruzione degli strumenti e dalla circolazione delle opere a livello europeo, evolve verso una maggiore potenza e velocità, soprattutto tra il 1810 e il 1840. Metodi didattici di successo sostengono questa trasformazione, mentre innumerevoli composizioni esplorano, con Liszt, Chopin, Alkan o Thalberg, le nuove possibilità estreme dello strumento. La vittoria del pianista sulle difficoltà più insormontabili comporta una ricerca poetica del timbro e dell’inaudito: l’avvento del virtuosismo pianistico si rivela il motore di una nuova creatività. Questo movimento conosce però anche degli eccessi e non incontra il favore di tutti. Nel 1855, il poeta Heinrich Heine fustiga le prodezze dei virtuosi, che considera una razionalizzazione volgare dell’esecuzione in cui vede solo «la trasformazione dell’uomo in strumento sonoro». Di fronte alla frivolezza esibizionistica che si attribuisce talvolta a questi brani, si leva una scuola dell’«arte seria», che prende a modello i grandi maestri viennesi.

L’ideale beethoveniano e l’invenzione del patrimonio musicale
Allieva di Antoine Reicha per la composizione, Louise Farrenc è entrata molto presto a contatto con la musica di Beethoven, che resterà un suo punto di riferimento per tutta la vita, fonte d’ispirazione per la sua musica strumentale, ma anche autore prediletto quanto al repertorio concertistico da lei interpretato. La venerazione per il maestro di Bonn, che Farrenc condivide con Hector Berlioz e altri, risulta perfettamente in sintonia con il gusto dell’epoca. Fin dal 1828, le stagioni della Société des concerts del Conservatorio diffondono in modo sistematico e ripetuto i principali capolavori sinfonici di Beethoven. Come in un museo, l’ascolto diventa un momento di celebrazione dei grandi maestri, di esposizione dei modelli del passato. Il lavoro editoriale condotto da Louise Farrenc a fianco del marito Aristide va nella stessa direzione. Dopo essersi lanciati nella pubblicazione delle opere complete di Beethoven, i due coniugi daranno vita alla collana «Trésor des pianistes»: venti volumi di musica, pubblicati tra il 1861 e il 1872, dedicati a brani firmati da Couperin, Purcell, Händel, Scarlatti, Rameau, Mozart, Clementi e Hummel. Sono gli editori a inventare la storia della musica...

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