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Carmen

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Lontani o vicini, conosciuti nei viaggi o semplicemente immaginati: nel XIX secolo, i Paesi stranieri consentono alla musica francese di riflettere sulla propria identità.

Con le rivoluzioni industriali, il lontano altrove si avvicina a noi con la velocità di un treno a vapore: l’Oriente vagheggiato dei racconti e degli esploratori è ora alla portata degli europei agiati. Per i meno fortunati, ad aprire finestre su mondi diversi provvedono le incisioni sulle riviste illustrate. La produzione musicale francese del XIX secolo riecheggia questa fascinazione: le trame delle opere liriche sono perlopiù ambientate fuori dei confini nazionali, mentre le danze straniere alimentano una gran parte del repertorio strumentale. Per ragioni opposte a quelle della geopolitica bellicosa e colonizzatrice dell’epoca, anche gli artisti vanno all’estero per trovare una nuova strada. Il viaggio assume allora la forma di una ricerca delle origini e, con ciò, esprime la speranza di rigenerare un Occidente ormai estenuato.
“Ah! Potessi, o sacro Oriente, a volo
raggiungere il tuo azzurro costante,
il tuo bel cielo di perla!”

Camille Saint-Saëns, Désir de l’Orient, 1871

Trasferimento
“L’azione si svolge in Francia, ai nostri giorni”: ecco una formula che non compare quasi mai in testa ai libretti d’opera francesi dell’Ottocento. Anche quando si potrebbe scommettere che la trama si ispiri alla più immediata attualità parigina, l’ambientazione è trasferita altrove: nel passato (antico, medievale, storico o leggendario) o in regioni più o meno esotiche, in cui però tutti parlano un perfetto francese. Per capire questa consuetudine, occorre anzitutto ricordare che l’arte lirica romantica si esprime “sotto sorveglianza”, e che la censura (o l’autocensura) non riguarda solo le dichiarazioni politiche, ma anche i costumi che vengono rappresentati. Per esempio, la fatale passione di Don José nella Carmen può essere accettata dai francesi del 1875 solo perché si scatena in Spagna mezzo secolo prima; sarebbe stata intollerabile se questo personaggio fosse stato un loro connazionale contemporaneo. Bisogna quindi tener presente che, ancor prima di raffigurare una realtà esotica, queste drammaturgie musicali parlano anzitutto del tempo e del luogo che le vedono nascere. Guardandosi allo specchio di questi mondi lontani, i francesi possono vedere se stessi così come sono, ma senza dovervisi riconoscere.
“L’azione si svolge nella capitale dei Trentasei Regni”
L’Étoile, Leterrier & Vanloo-Chabrier, 1877

Fascinazione
Questa arte dello spostamento trae inoltre vantaggio da una fascinazione per l’altrove e per l’antico che a partire dall’epoca romantica si fa democratica. Nel momento in cui si formano gli imperi coloniali, si glorificano le figure dei grandi esploratori (come il Vasco de Gama cantato da Bizet nel 1860 e messo in scena da Meyerbeer nel 1865 nell’Africaine, la sua ultima opera) e si va in cerca di racconti d’avventura di tutto il mondo. Il Robinson Crusoe di Daniel Defoe (1717) diventa infine famoso in Francia e viene adattato per le scene da Offenbach nel 1867. Paul et Virginie di Bernardin de Saint-Pierre (1788) ispira Kreutzer nel 1791 e Le Sueur nel 1794, per imporsi infine nell’opera grazie a Victor Massé (1876). I romanzi di Pierre Loti alimentano la produzione lirica parigina dagli anni Ottanta (Lakmé di Delibes) fino all’inizio del nuovo secolo, con lavori firmati da André Messager (Madame Chrysanthème), Lucien Lambert (Le Spahi), Reynaldo Hahn (L’Île du rêve). Come le incisioni pubblicate nelle riviste illustrate del tempo, così anche le scenografie e i costumi delle opere liriche rispondono a questa curiosità popolare: permettono di vedere terre straniere senza doversi imbarcare.

Erotizzazione
Nel cuore di tale sogno d’Oriente – dalla Spagna al Levante passando per il Maghreb – c’è anche la ricerca di una sensualità condannata dalla rigidezza morale dell’Occidente. Il desiderio femminile, che in altre circostanze è un tabù, può esprimersi senza infingimenti in un’opera che sia ambientata al Cairo, in Giappone, in Turchia o in India. Il “racconto arabo” Le Saïs di Marguerite Olagnier (1881) si permette del resto metafore del tutto trasparenti: “I languidi fiori aprirono i loro calici alle api innamorate”. Immaginata essenzialmente da uomini, questa “liberazione” sessuale delle donne straniere non ha nulla di progressista. Si fantastica su queste donne nello stesso modo in cui piace immaginare le terre da colonizzare: docili e fertili, in attesa del maschio occidentale per potersi sviluppare appieno. Tuttavia, questa zona drammaturgica collocata al di fuori dei confini della correttezza borghese consente di affrontare temi che ben di rado vengono trattati esplicitamente in altri contesti: si possono così immaginare passioni tra individui la cui pelle non ha lo stesso colore, purché si abbia cura di trasferire le loro storie nel passato (La Créole di Offenbach, 1875) o in terre lontane (Lakmé o L’Île du rêve).

“I nostri due modi, maggiore e minore, sono stati sfruttati a tal punto che è opportuno accogliere qualsiasi elemento espressivo tale da ringiovanire il linguaggio musicale.” Louis-Albert Bourgault-Ducoudray, 1878

Appropriazione
Sul piano musicale, l’esotismo romantico non si avventura nel campo della rivelazione etnografica. Pochi sono i compositori che, come Félicien David, Camille Saint-Saëns, Ernest Reyer o Louis-Albert Bourgault-Ducoudray, viaggiano per il mondo annotando nei loro quaderni melodie o ritmi che arricchiscano le loro partiture di un “colore locale” più o meno autentico. L’orientalismo si basa anzitutto su una leggera coloritura modale delle parti melodiche, che un trattamento armonico perfettamente tonale mantiene entro i limiti usuali della musica occidentale. Nondimeno, durante la Terza Repubblica, le musiche extraeuropee ispirano ad alcuni artisti vie nuove per uscire dal romanticismo declinante. Del resto, le arie popolari dei paesi più vicini alla Francia, come la Spagna e l’Italia, alimentano spesso le produzioni francesi già dall’inizio del XIX secolo. Esse permettono ai musicisti di non allontanarsi troppo dal sistema tonale, pur marcando una chiara cesura geografica. In tal modo, il frequente ricorso ai boleros o alle canzoni tende a farle rientrare nell’ambito dell’arte francese.

Programmazione