Ciclo
Reynaldo Hahn

Reynaldo Hahn è un soggetto di studio perfetto per il Palazzetto Bru Zane. Benché il suo nome non sia mai scomparso dai manuali di storia della musica, benché sia l’autore di partiture celeberrime come Ciboulette, L’Heure exquise e Si mes vers avaient des ailes, benché fosse amico di personalità della fama di Proust e di Arletty, tuttavia fu sottoposto a un ostracismo tenace. La sua colpa era avere allietato i salotti parigini della Belle Époque con le sue mélodies seducenti (la cui varietà e profondità non vengono peraltro apprezzate nella giusta misura), come se non avesse composto altro che quelle. Del resto, l’integrale delle mélodies di Hahn ha dovuto attendere fino al 2019 per essere finalmente pubblicata su disco e rivelarsi in tutta la sua diversità. L’artista affascina quale “traghettatore del secolo”, al pari di Fauré o Messager, e trasforma i fondamenti del romanticismo ereditato da Gounod in una modernità influenzata dal contatto con la commedia musicale. Dire che nel suo catalogo si trova di tutto non è un’esagerazione: Hahn si distingue nel balletto, nell’operetta, nel concerto, nella mélodie, nell’opera, nella musica da camera e nella musica per pianoforte.
Questo “geniale strumento musicale” chiamato Reynaldo Hahn commuove tutti i cuori e fa piangere tutti gli occhi, nel brivido di ammirazione che suscita e propaga, facendoci tremare.

Marcel Proust, Essais et articles

Nei salotti della Terza Repubblica
Il ruolo dei salotti nella vita musicale, già notevole sin dalla loro comparsa alla fine del XVIII secolo, diventa determinante sotto la Terza Repubblica (1870-1940), a seguito del ritiro dello Stato dalla politica musicale. Nobili e aristocratici trasformano allora i loro salotti in luoghi chiave del mondo artistico. Era lì che, tra snobismo e intrattenimento, si facevano (o si disfacevano) le reputazioni dei compositori e degli interpreti, era lì che i lavori venivano commissionati, remunerati ed eseguiti. Proust ce ne ha lasciato una fedele rappresentazione nella sua descrizione del salotto di Madame Verdurin. Da citare sono anche quelli di Madame de Saint-Marceaux, che influiva sulle decisioni dell’Académie des beaux-arts, della contessa Greffulhe, che finanziava la Société des grandes auditions, di Misia Sert, che sosteneva i Ballets russes, o della principessa di Polignac, che commissionò lavori a Fauré, Stravinskij, Satie, de Falla, Poulenc e ad altri ancora, e alla quale furono dedicate molte partiture. Fu un fenomeno sociale, che ebbe ripercussioni dirette sulla vita musicale parigina. Come spiega Myriam Chimènes, «dal salotto al concerto si formano reti che assicurano la circolazione tra spazio privato e spazio pubblico». È in questo ambiente, frequentato da una cerchia di persone che nutre un gusto vero ed esigente per la produzione musicale, che Reynaldo Hahn muove i primi passi e scopre in anteprima il repertorio da camera del suo tempo.

L’arte del melodista
La mélodie è sicuramente il miglior rivelatore dello stile di Hahn, la cui caratteristica più evidente è un gusto deciso per il romanticismo, ereditato da Massenet; ma un pianoforte dalle sonorità inebrianti e una vocalità che talvolta occhieggia l’opera non devono ridurre a questo solo colore accademico la maniera dell’autore. Una certa propensione per il neoclassicismo e per lo storicismo aggiunge un tocco personale alla tavolozza del suo stile. Hahn, che soggiornò a lungo a Versailles e in alcune sue opere liriche fece un uso esasperato del pastiche alla Lully, diventa un grande promotore della musica antica ricontestualizzata, che gli permette di riappropriarsi dello spirito (e non della lettera) di Bach e di Couperin. L’epurazione a volte spinta all’estremo sembra gettare una passerella tra quel mondo antico e le esperienze debussiane, che Hahn non poteva non conoscere. In fondo a questo percorso verso l’indeterminatezza tonale si colloca Ma jeunesse (del 1918, l’anno della morte di Debussy), che si libera completamente delle formule romantiche e oscilla in una rivoluzionaria atonalità. L’apertura a mondi sonori remoti non è solo temporale ma anche geografica, come dimostrano il pittoresco ciclo Venezia o la lontana evocazione del Pays musulman.
1874
nascita a Caracas (Venezuela)
1885
ammissione al Conservatorio di Parigi: incontro con il pianista Risler e Jules Massenet
1894
incontro con Marcel Proust
1900
primo viaggio a Venezia
1912
naturalizzazione francese
1914
partenza per il fronte
1945
nominato membro dell'Académie des beaux-arts e direttore dell'Opéra de Paris
1947
morte a Parigi
Ô mon bel inconnu
Commedia musicale in tre atti su libretto di Sacha Guitry, rappresentata per la prima volta a Parigi, al Théâtre des Bouffes-Parisiens, il 5 ottobre 1933.
Il cappellaio Prosper Aubertin, insoddisfatto della monotonia della sua vita borghese, sogna avventure… extraconiugali. Ma, tra le risposte all’annuncio anonimo che ha fatto pubblicare in una posta del cuore, troverà, sconcertato, proposte provenienti dalla moglie, dalla figlia e dalla cameriera. Per portare allo scoperto i desideri di ciascuna di loro, le invita tutte in una villa nel sud della Francia. «Questa tragedia avrebbe potuto intitolarsi Conosci te stesso e finire molto male. Mentre la scrivevo in versi alessandrini per offrirla alla Comédie-Française, ci ho pensato su per una decina di minuti… e ne ho fatto una commedia», scriveva, scherzosamente, Sacha Guitry. Si tratta della sua seconda collaborazione nel campo della lirica con Reynaldo Hahn. Il compositore godeva allora di meritata fama nei generi lirici leggeri: dopo Ciboulette (1923), conosce numerosi successi nei teatri parigini di second’ordine che Ô mon bel inconnu non smentisce. “Le Figaro” vi riconosce «l’eleganza del tono e la distinzione della forma» dello Hahn nel periodo tra le due guerre, identificando in lui il legittimo successore di André Messager. Che altro si potrebbe aggiungere? Azzeccatissimo il cast della prima rappresentazione, con Jean Aquistapace nel ruolo del protagonista e Arletty a renderla ancor più piccante nel ruolo di Félicie.

Nel settembre 2019 la commedia musicale sarà registrata in studio ad Avignone per la collana «Opéra français», con l’Orchestre Régional Avignon-Provence diretta da Samuel Jean e le voci di Olivia Doray, Véronique Gens, Eléonore Pancrazi, Carl Ghazarossian, Thomas Dolié, Yoann Dubruque e Jean-Christophe Lanièce.

Programmazione

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