Espressione e virtuosismo
La storia romantica del violoncello in Francia si può dividere in tre capitoli: il primo è rappresentato dalla generazione di Jean-Louis Duport (1749-1819), Jean-Baptiste Janson (1742-1803) e Jean-Henri Levasseur (1764-1826), eredi della scuola di Luigi Boccherini, cui si deve, a partire dalla fine del XVIII secolo, un rinnovato virtuosismo che avrebbe innalzato il violoncello allo stesso livello del violino. Un’abbondante letteratura didattica documentò le prodezze dell’epoca (facilitate dalla diffusione del puntale e dell’archetto Tourte) e portò all’eccellenza la generazione di Charles-Nicolas Baudiot (1773-1849) e Nicolas-Joseph Platel (1777-1835). Infine, furono i risultati di questo insegnamento – nelle persone di Auguste Franchomme (1808-1884), Adrien-François Servais (1807-1866) e Pierre-François-Alexandre Chevillard (1811-1877) – a diffondere a livello internazionale un’arte francese che da tempo era considerata un punto di riferimento mondiale. Dalla qualità della scuola strumentale derivò l’importanza crescente del repertorio, dagli assoli inseriti in opere sinfoniche (come l’ouverture del Guillaume Tell) ai concerti e alle sonate, senza contare una quantità di pezzi di genere, che facevano la gioia dei salotti.
Le sonate per violoncello
Fino al XIX secolo, la funzione principale del violoncello era quella di suonare la parte del basso, anche se nel periodo barocco gli furono dedicati sonate, suites e concerti. Questo stato di cose avrebbe potuto ostacolarne l’emancipazione; nondimeno, in Francia la sonata per violoncello si sviluppò prima di quella per violino. In questo campo Onslow fu un pioniere, con la sua raccolta delle Tre Sonate op. 16 (1820), che poneva i due strumenti sullo stesso piano, seguendo l’esempio di Beethoven. Successivamente, sono le Sonate op. 45 e op. 58 di Mendelssohn, composte rispettivamente nel 1838 e nel 1843, a fungere da modello. Forse non è casuale che le partiture siano state spesso scritte da compositori che suonavano il violoncello (Onslow) o erano amici di un solista come Franchomme (Alkan, Chopin); ma la maggior parte dei musicisti che si cimentarono nella sonata per violoncello lo fecero solo una volta. All’epoca di Saint-Saëns e Fauré, il genere assunse un maggiore rilievo, riflettendo la crescente popolarità dello strumento nella musica da camera, nei concerti e nell’orchestra. Nacquero così i pezzi per violoncello di La Tombelle, Boëllmann, Ropartz, Strohl, Duparc, Magnard e altri.
Gli ensemble di violoncelli
Le opere per più violoncelli erano estremamente rare nei concerti del periodo romantico e vanno affrontate come un repertorio destinato al mondo dell’insegnamento. I Cours méthodiques de duos pour deux violoncelles (1839-1855) di Jacques Offenbach, allora violoncellista virtuoso nei salotti parigini, propongono una serie di duetti classificati da “molto facile” a “molto difficile”, che permettono a due strumentisti dello stesso livello (ad esempio, della stessa classe) di dialogare in veri e propri brani di musica da camera. Anche altri insegnanti di violoncello, come Auguste Franchomme (docente dal 1847 al 1884 al Conservatorio di Parigi) e Félix Battanchon (dal 1851 al 1861 al Conservatorio di Ginevra), scrissero pezzi per ensemble di violoncelli, per riunire i loro studenti in un’unica partitura. L’apertura di questo repertorio a compositori non violoncellisti – come Max d’Ollone, Fernand de La Tombelle e Hélène-Frédérique de Faye-Jozin – avvenne più tardi; al volgere del XX secolo, l’estetica moderna esigeva sonorità nuove ottenute attraverso combinazioni strumentali rare o inedite.
“Ti voglio bene e mi rivolgo a te come a un fratello. Madame Sand ti manda mille complimenti.”
Lettera di Frédéric Chopin a Auguste Franchomme, 1844
I quintetti con due violoncelli
Versione più confidenziale, quasi privata, della mondanità, il salotto mantenne la sua funzione di emulazione e di creazione del gusto per tutto il XIX secolo, anche se il futuro apparteneva già al concerto pubblico. Lo spazio ristretto degli interni parigini in cui si svolgevano tali riunioni richiedeva ensemble modesti. In essi si riproponeva il “gran genere” dell’opera sotto forma di trascrizioni, ma vi si sperimentavano anche le formazioni strumentali più svariate. Nell’Ottocento gli ensemble d’archi erano molto diffusi e, accanto al tradizionale quartetto, un momentaneo entusiasmo per il quintetto con due violoncelli testimonia come l’estetica fosse cambiata. Che si tratti di Boccherini, Cambini o Cherubini, i pezzi rivelano al contempo l’attrazione per il virtuosismo, dato dalla presenza di un violoncello “principale” regolarmente trattato come solista, e l’apprezzamento del suono eminentemente romantico di tale strumento. Il Quintetto di Schubert è ben noto, ma purtroppo spesso si dimentica che la Francia, grazie al talento di Onslow e Gouvy, ha prodotto un ricco repertorio ancora tutto da scoprire.