Ciclo
La rivelazione delle compositrici

Più ancora di quella dei loro colleghi maschi, la memoria delle compositrici francesi del XIX secolo si è perduta, ed è solo grazie a ricerche e a progetti discografici recenti che le si sta a poco a poco riscoprendo. Queste iniziative hanno permesso di evidenziare che, nonostante le pressioni sociali esercitate sulle donne a quell’epoca, esiste un corpus “femminile” quantitativamente e qualitativamente importante, che merita di essere riscoperto anzitutto per ragioni artistiche. Tenute per lo più a distanza dalle scene della lirica, la cui conquista, allora, era considerata il culmine della carriera, le compositrici si sono dedicate maggiormente ai generi della musica per pianoforte o della musica da camera. Qualcuna ha tentato la strada della musica sacra, come Clémence de Grandval. E anche se le donne sono state ben rappresentate nelle classi di armonia, di contrappunto e di composizione al Conservatorio di Parigi per tutto l’Ottocento, si è dovuto attendere fino al 1913 perché a una di loro, Lili Boulanger, fosse assegnato per la prima volta un premier prix de Rome, seppure ex aequo con il compositore Claude Delvincourt.
Si autorizzano le ragazze a seguire i corsi più difficili del Conservatorio, ma poi, proprio quando potrebbero finalmente trarre vantaggio dai loro studi, si sentono dire: altolà, questo è riservato agli uomini.

Augusta Holmès, 1902

L’isolamento nei salotti Le convenzioni sociali incidono fortemente sul repertorio di elezione delle compositrici romantiche. Una delle prime a inaugurare il XIX secolo, Hélène de Montgeroult, doveva sicuramente alla propria nobiltà l’impossibilità di esibirsi in ambito musicale pubblico con sinfonie o con opere liriche. Di fatto queste artiste, che suonavano quasi tutte il pianoforte a un livello di eccellenza, ci hanno lasciato, e in abbondanza, soprattutto composizioni per pianoforte e mélodies; del resto, alcune di loro erano riconosciute quali concertiste virtuose, secondo l’esempio di Marie Jaëll. Quanto al repertorio di Cécile Chaminade, Mel Bonis, Rita Strohl e soprattutto Louise Farrenc, esso è rivolto, regolarmente, alla musica da camera. Non potendo trionfare nel campo della lirica, queste donne potevano almeno sperare un riconoscimento pubblico nell’ambito della musica strumentale; sonate, trii e quartetti femminili costellano dunque tale repertorio a partire dagli anni Cinquanta dell’Ottocento fino alla Prima guerra mondiale. Pur rimanendo rari, questi lavori si segnalano per le loro ambizioni quasi sinfoniche, sviluppando strutture ampie e complesse. Anche per quanto riguarda le compositrici che riescono a varcare la soglia del teatro o delle associazioni sinfoniche (come Augusta Holmès), un genere predomina: la mélodie. Pauline Viardot, per esempio, vi profonde quasi tutta la propria creatività, mentre altre cercano di aggirare le convenzioni orchestrando – talvolta con una dismisura del tutto wagneriana – brani in origine concepiti più modestamente per il pianoforte: la Légende des ours di Jaëll o le Clairières dans le ciel di Lili Boulanger ne sono magnifiche testimonianze. Inutile sottolineare il carattere inedito di quest’ultimo lavoro di Lili Boulanger!
1854
nascita di Mel Bonis
1876
incontro con César Franck e ammissione al Conservatorio di Parigi
1878
ammissione alle classi di accompagnamento e di composizione: compagna di classe di Debussy e Pierné
1879
incontro con il cantante Amédée-Landély Hettich, l’amore della sua vita
1881
abbandono coatto del Conservatorio di Parigi
1883
matrimonio combinato con Albert Domange
1899
nascita di Madeleine, la figlia illegittima di Mel Bonis e Amédée-Landély Hettich
1937
morte di Mel Bonis
Riconoscimento per mezzo della pedagogia? Una compositrice misconosciuta che rifiutasse di rinchiudersi nel ruolo di strumentista poteva ancora ricorrere all’attività pedagogica per farsi conoscere e per produrre musica di qualità. La parte principale – e la migliore – del catalogo di Hélène de Montgeroult va accreditata alla sua attività di docente al Conservatorio di Parigi alla fine del XVIII secolo. E anche se tante sue partiture recano il titolo di “studio”, che potrebbe far pensare a semplici esercizi, la maggior parte di esse aspira a una profondità che anticipa di molto i celebri Studi di Chopin. Da parte sua, Marie Jaëll, virtuosa pentita e compositrice eternamente insoddisfatta, trova nell’insegnamento il modo per esprimere tutte le sue riflessioni sull’arte pianistica. Cicli come Ce qu’on entend dans l’Enfer, dans le Purgatoire et dans le Paradis traggono indiscutibilmente profitto dal suo lavoro in campo didattico. In definitiva, la “tecnica Marie Jaëll”, tuttora insegnata, ha permesso all’artista di conseguire una (relativa) fama postuma nel momento in cui tutti i suoi lavori erano sepolti in un oblio che solo oggi è stato rimesso in causa. Anche una compositrice come Mel Bonis ha trovato grazia presso la Storia in virtù di alcuni spartiti “infantili” che hanno fatto per molto tempo la gioia degli insegnanti di pianoforte.

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