Ciclo
Camille Saint-Saëns, l’uomo-orchestra

Un secolo dopo la sua morte, Saint-Saëns continua a essere un “illustre sconosciuto”, autore di alcune partiture eseguite in tutto il mondo, ma anche di tante altre cadute nell’oblio. Focus su un artista camaleontico e globetrotter…

La storia della musica riserva ad alcune opere di Camille Saint-Saëns un posto particolare. La fama internazionale del Carnevale degli animali, del Primo Concerto per violoncello, della Danza macabra, del Secondo Concerto per pianoforte, della Sinfonia “con organo” e di Samson et Dalila lo ha reso persino più celebre, per i posteri, di Gounod e di Massenet. Tuttavia, considerando l’ampiezza del suo catalogo, molti tesori sembrano ancora oggi dimenticati dai programmi dei concerti: chi conosce i suoi Quartetti per archi e il Quintetto con pianoforte, o l’oratorio in inglese The Promised Land o le opere liriche Phryné, Frédégonde, Déjanire? Dopo la pubblicazione di una parte della sua corrispondenza e di un volume sui suoi viaggi in Oriente, il Palazzetto Bru Zane ha registrato le cantate da lui composte per il prix de Rome e le opere Les Barbares, Proserpine e Le Timbre d’argent. Inoltre, diversi dischi di mélodies – di cui uno con accompagnamento orchestrale – hanno rivelato una musica raffinata e costantemente reinventata. È parso naturale che il Centre de musique romantique française proseguisse il proprio lavoro su questo artista, dedicandogli un ciclo in occasione del centenario della sua scomparsa.
Un’arte “viva, nazionale e umana!”, ecco quello che io chiedo forte e chiaro.

Camille Saint-Saëns, “Le Voltaire”, luglio 1881

Un pianista virtuoso
Formatosi alla scuola francese classica di pianoforte, per tutta la vita Saint-Saëns rimarrà un difensore del cosiddetto jeu perlé, ottenuto con un uso moderato del pedale e un’articolazione molto dettagliata della diteggiatura. Può stupire che per quello che era il suo strumento abbia lasciato solo 34 opere, e che nessuno di questi si possa considerare il suo testamento musicale; tuttavia, va detto che i suoi cinque concerti per pianoforte ‒ in particolare il secondo e il quinto ‒ non sono mai usciti dal grande repertorio, nonostante la concorrenza, in tale ambito, di Schumann, Chopin, Liszt o Rachmaninov. Per Saint-Saëns, il pianoforte è più che altro un laboratorio personale. Strumento delle sue sperimentazioni tecniche (ci ha lasciato tre quaderni di sei studi ciascuno), esso è anche il confidente delle sue passioni: il ritorno al passato (Sei Fughe, Suite in fa maggiore), l’esotismo (Africa, Concerto “Egiziano”, Souvenir d’Ismaïlia, Les Cloches de Las Palmas…), l’analisi scientifica legata alla trascrizione (la Sonata di Liszt e la Sonata in si minore di Chopin arrangiate per due pianoforti, la Paraphrase sur la Mort de Thaïs di Massenet, arrangiamenti vari di Beethoven, Haydn, Mendelssohn, Reber, Gounod, Berlioz). Questo strumento è infine un mezzo di divulgazione: Saint-Saëns pianista non solo fa conoscere le proprie opere (che arrangia per pianoforte a quattro mani o per due pianoforti, per facilitarne la diffusione), ma promuove attivamente quelle di Schumann, Beethoven, Mozart e della giovane generazione di compositori francesi, come Alexis de Castillon.
1835
nasce a Parigi
1848
entra al Conservatorio di Parigi
1858
è nominato organista della chiesa della Madeleine
1871
fonda la Société nationale de musique
1874
Danse macabre
1877
Samson et Dalila
1881
viene eletto all’Académie des beaux-arts
1921
muore ad Algeri
Un catalogo eclettico
“Primo organista del mondo” secondo Liszt, Saint-Saëns compose per l’organo ancor meno che per il pianoforte; i suoi pensieri andavano tutti alla musica da camera, alla musica sinfonica e all’opera. Oltre ai già citati concerti per pianoforte (ai quali bisogna aggiungerne due per violoncello e tre per violino), gli si devono cinque sinfonie e quattro poemi sinfonici, nonché diverse ouverture da concerto. Il catalogo dei suoi lavori da camera, solidamente articolato in sonate, trii, quartetti e quintetti per le più varie formazioni, è ricco di preziose rarità: un Settimino per tromba, archi e pianoforte, una Fantasia per violino e arpa, un Caprice sur des airs danois et russes per flauto, clarinetto, oboe e pianoforte. Tale varietà mostra come Saint-Saëns abbia saputo rinnovare la propria ispirazione e uscire dai binari tradizionali, per rivolgersi a un pubblico di strumentisti sempre più ampio e diversificato. I suoi lavori lirici lo attestano ancora di più: oltre a una trentina di mélodies con orchestra (la maggior parte delle quali è stata riscoperta nel 2017 dal Palazzetto Bru Zane grazie a una registrazione realizzata in collaborazione con Alpha Classics), scrisse anche opere imponenti che, come quelle di Massenet, mostrano un costante rinnovamento della forma e del linguaggio. In esse, il genere scherzoso (Phryné, La Princesse jaune) si affianca a quello monumentale (Henry VIII, Étienne Marcel), mentre lo stile della tragedia lirica (Les Barbares, Déjanire) si alterna a un romanticismo febbrile (Ascanio, Le Timbre d’argent) e persino ad accenti naturalistici (L’Ancêtre).

Reazionario o pioniere?
Spesso si considera Saint-Saëns con una certa sufficienza, pur senza veramente conoscere questo compositore o il catalogo delle sue opere: Déjanire, Frédégonde, Phryné e altro aspettano ancora la propria resurrezione. Per rendersi conto della modernità di Saint-Saëns, le partiture da sole non bastano, benché dimostrino che egli fu il primo a introdurre l’organo in una sinfonia e a dar forma con successo al prototipo del poema sinfonico (allora agli albori). Fu ancora lui a intuire la necessità di creare una Società nazionale di musica che rilanciasse la produzione francese di musica da camera. Collaborò alle prime riedizioni dei maestri del passato, che occorreva anzitutto capire e poi trascrivere e adattare. Nella sua musica sacra, si cimentò nel nuovo stile neo-palestriniano (Messa op. 4) e reinventò l’oratorio inglese nella tradizione di Händel (The Promised Land). Il XX secolo non fu per lui sinonimo di decadenza: prima di Poulenc, espresse la modernità e la particolarità della scuola francese degli strumenti a fiato (sonate per clarinetto, per fagotto, per oboe, Cavatina per trombone, Romanza per corno) e può essere considerato il primo compositore di musica per film (L’Assassinat du duc de Guise, 1908), il che basterebbe da sé a giustificare la sua iscrizione nella storia delle innovazioni. Saint-Saëns pioniere… non è forse il colmo per un presunto artista accademico?

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